martedì 9 dicembre 2008

Bipolare si nasce o si diventa?

Diciamo che esistono due teorie su questo argomento. La prima, è che bipolari (permettemi di usare questo termine, che comunque non approvo, per comodità di scrittura. Io non mi identifico con la mia malattia e non consiglierei a nessuno di farlo. Io soffro di disturbo bipolare, NON SONO bipolare. Ma affettuosamente, tra noi, voglio usare questo termine), bipolari, dicevo, si nasca. Si nasce con una predisposizione genetica ad avere questo disturbo del tono dell'umore, con i suoi up and down più o meno forti (a seconda del tipo, bipolare uno, bipolare due, ciclotimia) e più o meno drammatici. Oppure, seconda ipotesi, si diventa. Si diventa a causa dei traumi della vita e di una personalità che porta a vedere tutto in bianco e nero...in modo bipolare, appunto. Il che, ad un certo punto, farebbe saltare l'equilibrio dei neurotrasmettitori (serotonina e dopamina soprattutto), da cui la malattia.
Sinceramente, mi piace molto la seconda ipotesi. Non sono un medico quindi non posso valutarne a pieno il fondamento scientifico ma credo che, così come il corpo influenza la mente, la mente possa influenzare il corpo. Certo, non quando sei in una fase conclamata di mania o depressione. A quel punto, è la chimica che domina. Ma ho sperimentato come l'essermi ricostruita con la psicoterapia e la psicoanalisi abbia avuto un grande effetto sulla stabilità del mio umore.
Tornando alla domanda di partenza, se vado indietro con la memoria mi sono sempre accorta che c'era un abisso tra le mie emozioni e quelle delle altre persone. Le mie gioie ed i miei dolori erano incomparabilmente più forti. Ma era la mia normalità, credevo di essere normale, e che il resto del mondo fosse composto da grigi...grigetti. Ah, beata arroganza giovanile!
Ma in fondo, nessuno va a pensare di avere un disturbo del tono dell'umore, no?